Il canto di Sam nella torre di Cirith Ungol: la musica come svolta della trama

Moltissimi personaggi, nella Terra di Mezzo, cantano, e le scene “canore” nelle quali sono coinvolti assumono un grande valore, perchè non sono semplici intermezzi musicali per alleggerire la narrazione, ma al contrario hanno un ruolo fondamentale, nella trama: anzi, direi che il canto- e la poesia, che nella Terra di Mezzo è strettamente collegata- assurge ad elemento portante della trama: dopo aver cantato, la scena cambia e i personaggi non sono più gli stessi. C’è un vero e proprio “salto di qualità”, nella vicenda.

Ma quale era il rapporto di Tolkien con la musica? Nella lettera a Robert Murray del 2 Dicembre 1953 il Professore ammette la sua venerazione per la musica e i musicisti: •«Chiunque sappia suonare uno strumento a corde mi sembra uno stregone degno di profondo rispetto. Io amo la musica, ma non ho inclinazione; e gli sforzi sprecati per imparare a suonare il violino in gioventù mi hanno solo lasciato un timore quasi reverenziale quando mi trovo in presenza di violinisti». Questa vera e propria venerazione di Tolkien verso la musica classica e i musicisti si riflette in tutte le storie della Terra di Mezzo: la musica assume un valore sacrale, un ponte verso ciò che va oltre l’uomo e che lo mette in contatto con il divino.

Naturalmente la musica è il cuore stesso della Terra di Mezzo, ciò da cui tutto ha avuto inizio: Arda nasce attraverso la Musica degli Ainur, e quelle indimenticabili pagine mostrano molto bene la centralità dell’evento musicale, che nelle storie di Tolkien assume tantissime forme, tocca vari generi letterari e assume differenti valori a seconda del personaggio in azione o delle scene nelle quali vediamo un personaggio che canta.

Io qui ne parlerò solo per un determinato aspetto, con degli esempi per forza di cose brevi e non esaustivi, perchè il tema è davvero ampio e necessita di molto più spazio per essere sviscerato.

In questo articolo mi limiterò ad un solo esempio, in futuro esplorerò il tema ancora di più!

Prima, però, una piccola premessa riguardo al modo di concepire la musica da parte dei maggiori protagonisti del Signore degli Anelli, gli Hobbit , che riflettono la venerazione stessa del Professore di cui abbiamo parlato prima.

Gli Hobbit e la musica: stupore e meraviglia

Nell’economia del Signore degli Anelli- che principalmente assume un punto di vista Hobbit- il canto è visto come un elemento magico: quello elfico, in particolare, viene descritto come qualcosa di soprannaturale che conduce gli Hobbit in una dimensione altra, destando il loro continuo stupore e meraviglia. Frodo, dopo essere guarito dalla ferita, entra nel salone dei canti e si mette ad ascoltare. «La bellezza delle melodie intrecciate alle parole della lingua elfica, pur capendo poco, non appena cominciò a prestarvi attenzione lo avvolse in un incantesimo. Sembrava quasi che le parole prendessero forma e che visioni di terre lontane e creature radiose da lui mai immaginate si schiudessero davanti ai suoi occhi».

«Gli Hobbit non avranno mai la stessa passione degli Elfi per la musica, la poesia e le storie. A quanto pare le amano come il cibo, se non di più», dice Bilbo, qualche pagina dopo «l’incantesimo» in cui è stato avvolto Frodo. Per gli Hobbit, che ammirano gli Elfi e li vedono come esseri infinitamente superiori e perfetti, anche ciò che gli Elfi padroneggiano assume forme soprannaturali. L’osservazione di Bilbo rafforza questa idea del valore supremo del canto, dato che per gli Hobbit il cibo è un qualcosa di sacro, di vitale: amare qualcosa più del cibo rende quell’oggetto d’amore davvero fondamentale e, appunto, sacro. Sam è il più esplicito nel manifestare questo sentimento di meraviglia continua: nel capitolo «Lothlòrien» , per descrivere il paesaggio nel quale si imbatte, usa il canto come termine di paragone: «Credevo che gli Elfi amassero soltanto la luna e le stelle: ma questo è più elfico di qualunque descrizione mai sentita. Mi sembra come di trovarmi dentro una canzone, non so se ci capiamo».

Tutto questo mostra molto bene come il canto non sia un elemento normale della trama, ma sia cruciale nell’economia della storia: ad esso viene affidato il compito di mettere in luce determinate situazioni non solo della trama, ma anche dello stato d’animo dei personaggi.

Il canto nella terra di Mezzo: espediente narrativo ed elemento cruciale della trama

Il canto è talmente cruciale nell’economia del libro, che diventa un vero e proprio «viatico all’azione»,e si caratterizza, in molti casi, come vero e proprio espediente narrativo, nel senso che sblocca situazioni complesse e si caratterizza, in determinati momenti, come snodo della trama: dopo il canto di un personaggio, l’azione cambia e la trama si sviluppa in profondità; non è affatto un intermezzo, ma un momento cruciale della trama, da leggere con attenzione perché è lì che spesso Tolkien descrive gli stati d’animo dei personaggi, le loro speranze e paure, i sogni che hanno o i ricordi che conservano nel loro cuore.

Vediamo due esempi, in quest’ultimo senso.

Il lamento di Galadriel: la Dama ha perso la speranza di poter tornare a Valimar e al Reame Beato e augura agli altri viaggiatori di poterci arrivare: «perso, ormai perso per quelli dell’Est è Valimar! Addio! Forse tu troverai Valimar. Forse anche tu lo troverai. Addio!»

Frodo cerca di farsi coraggio nella Vecchia Foresta: i quattro Hobbit si sono persi e Frodo, per andare avanti, nonostante la paura cerca di farsi coraggio cantando «O! Vagabondi nel paese oscuro non disperate! Poiché anche se duro, ogni bosco dovrà pur terminare, e vedere il sole che in alto appare».

Ma vediamo un esempio, a mio modo di vedere molto eloquente, di come il canto, nel Signore degli Anelli, diventi un modo per far svoltare la trama: il canto di Sam nella Torre di Cirith Ungol.

Sam è entrato nella fortezza, ma non riesce a trovare Frodo. Si trova in una situazione disperata, ma qualcosa lo spinge a un gesto folle eppur coraggioso: cantare nel cuore del regno di Sauron!

Il canto è una vera e propria dichiarazione di speranza , in una situazione altamente disperata: diventa, anzi, una vera e propria «preghiera».

Là a occidente sotto il sole               

    spunta il fiore a Primavera                

    e ogni pianta sbocciar suole             

    ed il bosco è una voliera.                          

    Son le notti terse e belle                   

    e flessuoso il faggio sfoggia              

    come gemme Elfiche stelle  

che frammezzo i rami alloggian.            

Pur se il viaggio mio avrà termine

e nel buio sarò sceso,

oltre torri alte e ferme,

oltre il monte più scosceso,

sopra l’ombre il Sole Torna

e hanno gli astri eterna sede:

non dirò che è morto il Giorno,

nè darò agli astri congedo”.

Il canto, bellissimo, è strutturato in modo tale da far emergere il contrasto tra il canto stesso e la situazione che apparentemente lo sconsiglia; si parte dal ricordo di qualcosa di bello che conservi nel tuo cuore : nel caso di Sam, forte è il ricordo della purezza della natura incontaminata. Il faggio è messo in relazione con le «Elfiche stelle», ciò che di più puro c’è al mondo per lo Hobbit. C’è una forte consapevolezza che il viaggio può essere giunto alla fine, in un luogo orribile e senza speranza. Come chiusa, abbiamo una potente dichiarazione di speranza («sopra l’ombra il Sole torna», «non dirò che è morto il Giorno, né darò agli Astri congedo») . Il canto trionfa, inaspettato: «gli parve di aver udito una voce fioca che gli rispondeva».

Alla fine ha trovato Frodo, proprio grazie a quel canto “folle ma coraggioso”: la trama svolta, con una “eucatastrofe”- il termine inventato da Tolkien- che da una situazione disperata conduce al trionfo della speranza, inaspettata e per questo ancor più benvenuta.